Carcerazione di Massa: Una Nuova Eugenetica?


[Di Anthony B. Bradley. Originale pubblicato il 7 maggio 2014 su Acton Institute con il titolo Mass Incarceration: The New Eugenics? Traduzione di Enrico Sanna.]

Detenuti dietro le sbarre

Al momento negli Stati Uniti ci sono oltre 2,3 milioni di persone rinchiuse nelle carceri federali, statali e locali sparse in tutto il paese. Secondo un rapporto di aprile pubblicato da Sentencing Project, negli ultimi quaranta anni c’è stato un incremento del 500%. Questo incremento produce “sovraffollamento delle carceri e sovraccarico fiscale sugli stati che cercano di stare all’altezza di un sistema penale in crescita” nonostante sia chiaro che il carcere non funziona. Come è accaduto? La colpa è solitamente identificata con la politica fallita della lotta alla droga. Considerato che i neri in proporzione finiscono dentro più degli altri, alcuni studiosi parlano della carcerazione di massa come di un “Nuovo Jim Crow” (il sistema di leggi segregazioniste in vigore fino agli anni sessanta, es). Se le intenzioni originarie potevano essere buone, le conseguenze di lungo termine sono pessime: La lotta alla droga potrebbe essere in realtà un altro modo di dire eugenetica di classe.

Nel suo libro illuminante The New Jim Crow, Michelle Alexander avanza l’ipotesi che, data la somiglianza tra l’esigenza di “legge e ordine” delle leggi Jim Crow e esigenze simili nella lotta alla droga, che produce marginalizzazione economica per chi esce di galera, l’attuale sistema carcerario può essere considerato “Il Nuovo Jim Crow”. La lotta alla droga è semplicemente un nuovo sistema per dominare il futuro degli afroamericani. Come dice l’artista hip hop Sho Baraka: “La lotta alla droga è la lotta contro di noi.” È valida questa spiegazione in chiave razziale?

Secondo i dati più recenti dell’ufficio statistiche giudiziarie, è vero che il 51% dei carcerati è dentro per reati legati alla droga, e che la componente maschile nera è preponderante. Ancora più importante è sapere che il 37% di tutta la popolazione delle carceri federali è nera, il 32% ispanica e il 28% bianca. Se la carcerazione di massa fosse il nuovo Jim Crow ci aspetteremmo una maggiore disparità tra bianchi e neri. Vale la pena notare che nel 1964, quando le leggi Jim Crow erano all’apice, solo il 34% dei carcerati aveva la pelle scura, contro il 65% di bianchi. La spiegazione in chiave razziale di Alexander è fuorviante, non considera che la carcerazione di massa potrebbe essere un altro esempio di portata storica di come il governo usa il potere per tenere sotto controllo i “degenerati”, ovvero le classi inferiori, e per realizzare e poi dominare la società a tutto beneficio degli interessi di chi è al potere.

Nel 1877, un riformatore del sistema carcerario di nome Richard Dugdale notò che le prigioni si stavano riempiendo di un particolare gruppo di persone, i bianchi poveri, i cui discendenti avevano buone probabilità di diventare anch’essi criminali. Dopo la guerra civile, i progressisti, confidando nella ricerca scientifica sulla natura umana, fecero emergere una classe di sociologi intellettuali i quali arrivarono alla conclusione che all’America spettava il compito di risolvere il problema dei degenerati. Matt Wray, nel suo Not Quite White, spiega come gli studi e le conclusioni di Dugdale fornirono la base di partenza del movimento eugenetico americano. I cittadini retrivi che impedivano il progresso americano erano “pigri, avidi e furbi”, ma soprattutto sessualmente immorali. Il riferimento era esclusivamente ai bianchi più poveri. Con la loro azione mirata a controllare la “feccia bianca” e altre persone simili, gli eugenisti progressisti lanciarono una campagna che mirava ad utilizzare lo stato per sterilizzare a forza i bianchi (più tardi anche i negri) indigenti. L’eugenetica era considerata vantaggiosa per il benessere sociale e per il progresso economico dell’America. Racconta Wray che i progressisti cercarono di far passare “una riforma legislativa mirata a restringere l’immigrazione, imporre l’internamento di stato per le persone biologicamente inadatte, e legalizzare la sterilizzazione eugenetica involontaria.” L’eugenetica era un modo di proteggere la società da fenomeni sociali come “povertà, pigrizia, promiscuità, licenziosità, matrimoni tra consanguinei, nomadismo, e delinquenza”. Suona familiare?

Oggi la popolazione carceraria è composta in gran parte da bianchi “pigri, avidi e furbi” delle classi più povere, e dai loro corrispondenti neri e ispanici. Le élite e i progressisti li internano in strutture “correttive”. Una volta fuori, continuano a dominare loro e le loro famiglie, praticamente per il resto della loro vita, tenendoli in un ecosistema fatto di programmi governativi come la “assistenza alla riproduzione”, senza mai cercare di risolvere alle radici le questioni morali che ne frustrano la libertà e il successo. Condannare qualcuno ad un anno di carcere per possesso di marijuana o a trenta anni, come nel caso di Patrick Carney, della Luisiana, che nel 2011 fu condannato per aver venduto 25 dollari di marijuana, significa buttare via risorse finanziarie e umane. Rappresentati da avvocati d’ufficio e spesso ignari dei loro diritti legali, molte di queste persone vengono convinte con l’inganno a patteggiare condanne che con un potente avvocato sarebbero ribaltate in assoluzioni piene. E tanto per dimostrare che non c’è un limite al peggio, lo stato della California è indagato dal potere federale per aver sterilizzato con l’inganno le detenute tra il 2006 e il 2010.

Lo scandalo del carcere di massa associato alla lotta alla droga è il tentativo fallito di usare la polizia, gli avvocati, i giudici, i secondini e gli assistenti sociali per ovviare a problemi che sono di natura profondamente morale. Le persone dovrebbero finire in prigione perché sono un pericolo per la società, non perché li giudichiamo negativamente e vogliamo riformarli. Le prigioni non sono chiese. Se a monte non c’è questa educazione morale, ad un certo punto sottoporremo le classi inferiori ad una vita, o a generazioni, di dominio da parte dello stato. E questa forma di eugenetica morbida è peggio delle leggi Jim Crow.

Un pensiero su “Carcerazione di Massa: Una Nuova Eugenetica?

  1. http://www.amren.com/news/2013/07/race-and-crime-in-america/

    Pur condividendo l’idea libertaria che i vizi non vadano affrontati tramite il sistema penale ma dallo scherno e l’emarginazione sociale (e orrore all’idea di eugenetica statale), questo articolo è fin troppo clemente con i neri, che finiscono in carcere non solo per reati di droga, ma per ogni specie di reato, particolarmente quelli di aggressione. Relativamente al tasso di omicidio, l’Africa non è l’Europa, e non è per l’assenza del codice penale nella prima.
    Mentire sulla criminalità nera negli USA è d’obbligo per chi aspira al giornalismo mainstream. Mi rattrista vedere quanto in basso sia sceso l’Acton Institute. Fosse sul New York Times non avrei reagito alla provocazione!

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