Babbi e Figli


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Di Maurilio Lima Botelho. Originale pubblicato il 23 luglio 2020 su Blog da consequência con il titolo Radicalismo de direita e democracia. Traduzione di Enrico Sanna.

Considerazioni sul libro La democrazia divora i suoi figli, di Robert Kurz

Pubblicato nel 1993 sotto forma di lungo articolo, La democrazia divora i suoi figli (attualmente non tradotto in italiano, ndt) anticipa per molti aspetti il dibattito attuale sull’estremismo di destra e la “morte della democrazia”. Il fatto che il dibattito prosegua è un sintomo importante. Se tutti dicono che “le istituzioni democratiche funzionano”, perché allora nei media, tra gli intellettuali e nelle manifestazioni pubbliche si parla tanto di fascismo?

Una prima risposta sarebbe che il fascismo è un’ideologia autoritaria sempre in agguato, una minaccia per la società che riemerge ogni volta che si riemergono le tensioni e le fragilità della società. I liberali tendono a vedere nel fascismo un pericolo che si manifesta quando il controllo democratico abbassa la guardia; le regolette di Umberto Eco per identificare l’atteggiamento fascista fungono, in questo senso, da “spia d’allarme”. Il punto debole di queste interpretazioni è che fossilizzano il fascismo in un impulso antisociale generico privo di contenuto storico, qualcosa di assolutamente esterno alle istituzioni e, spesso, parte di una istintiva natura violenta dell’uomo.

Se “la democrazia è matura”, ci chiediamo assieme a Kurz, come spiegare il fatto che trent’anni di “democratizzazione” abbiano condotto l’estrema destra al potere in Brasile, o che l’est europeo, dopo trent’anni di “cura choc democratica”, ora si rivolga all’estremismo di destra? Potrebbe essere spiegato alla luce del loro deficit democratico, forse. Ma allora come spiegare l’ascesa dell’estrema destra nelle istituzioni parlamentari francese e inglese, la proliferazione di gruppi neonazisti in Germania, e il fatto che la maggiore democrazia mondiale abbia portato al potere un figlio del KKK che considera i suprematisti bianchi “very fine people”?

Un’altra linea interpretativa considera il fascismo non un fatto esterno, ma parte integrante della società capitalista. Secondo Adorno e Horkheimer, nella Dialettica dell’illuminismo, il fascismo è l’altro lato della razionalità moderna, come una forza inseparabile di una società che maneggia mezzi tecnici avanzati ma non ha alcuna coscienza riguardo le determinazioni di base della “gigantesca macchina economica che non lascia in pace nessuno”. Questo meccanismo trasforma il dominio in un’adesione incosciente da parte di tutti. Il paragone tra il Terzo Reich e Hollywood non era una tattica polemica ma il risultato di una riflessione sulla tecnica divenuta autotutela dell’individuo in una società di massa; sotto la forma individualizzata o del “popolo” (Volk), la tendenza era una generale identificazione con le “mostruose potenze” inaugurate dalla produzione in serie, e culminò con l’industrializzazione della morte nei campi di sterminio.

Ciò che si guadagnò in termini di inquadramento sociale – nelle famose parole di Horkheimer, “chi non vuole parlare di capitalismo non deve parlare neanche di fascismo” – fu ciò che si perse in termini di storicità del fenomeno fascista. Le teorie della “Scuola di Francoforte”, pur evidenziando il legame intimo tra il totalitarismo da una parte e la massificazione promossa dal mercato nonché la produzione culturale industrializzata dall’altra, vedevano nel fascismo una minaccia sempre latente.

Questa indeterminatezza storica è il punto di partenza di Robert Kurz nella sua analisi della relazione tra fascismo e capitalismo. Qui il fascismo storico compare come processo di gestazione della democrazia. Opporre il fascismo alla democrazia è un errore perché entrambi sono momenti, tappe distinte di un unico processo storico, maneggiano categorie astratte (democrazia, dittatura, libertà) fuori dalla loro cornice temporale. Il fascismo fu un fenomeno tipico della modernizzazione capitalista in ritardo di paesi come l’Italia e la Germania, una realtà molto diversa rispetto alle nazioni in cui il passaggio dalla società agraria era già stato attuato (Francia e Inghilterra) o non era mai esistito (Usa). Questi ultimi erano l’avanguardia del processo di costruzione dell’universalità del mercato mondiale tramite istituzioni politiche che spingevano progressivamente verso la forma libera e individuale del cittadino e del consumatore; ma dove lo sviluppo industriale avanzava scontrandosi con le eredità del passato era necessario scatenare una forza violenta e distruttiva al fine di assicurare la libertà dei poteri istituzionali della democrazia di mercato. Secondo Kurz, è questo il legame intimo tra il fascismo e la democrazia. La violenza e il terrore del fascismo e del nazionalsocialismo erano le doglie che annunciavano il parto della democrazia in nazioni che entravano in ritardo nel mercato mondiale e che già si trovavano in concorrenza diretta con le potenze capitaliste dell’industrializzazione classica: “in questa prospettiva storico-genetica, il nazionalsocialismo nasce come momento specifico del processo di edificazione della moderna democrazia dell’economia di mercato, come una delle sue fasi preparatorie e di sviluppo, e la crisi di allora (la guerra mondiale e la crisi economica) rappresentava la maggior crisi del suo sviluppo.” (Kurz, La democrazia divora i suoi figli)

È chiaro che una tale formulazione urta l’animo sensibile dei democratici illuminati, che non possono ammettere che la loro forma di convivenza politica ideale, la più avanzata, si sia sviluppata per mezzo del fascismo storico, che fu strumentale all’imposizione della “socializzazione per mezzo del valore”, ovvero delle forme della merce, del denaro e del capitale. Ma le tesi di Kurz presentano anche un altro aspetto che torna attualissimo e che spiega l’ascesa dell’estrema destra in seno alle attuali democrazie occidentali: il nuovo estremismo di destra non ha più niente a che vedere con il fascismo e le sue varie manifestazioni del periodo tra le due guerre, se non in termini di un simbologismo e ideologismo secondari; il fenomeno non è legato all’affermazione, ma alla dissoluzione della democrazia di mercato. In quanto momenti specifici di un continuum che spianò la strada allo sviluppo della democrazia nei paesi della modernizzazione in ritardo, fascismo e nazionalsocialismo non possono ripetersi storicamente: “La macchina di morte nazionalsocialista (…) era una macchina ipermoderna orientata al futuro” (ivi). Al contrario, l’irruzione diffusa di bande rabbiose di estrema destra, skinhead, milizie, suprematisti bianchi e neonazisti, è un fenomeno legato alla disgregazione dell’economia capitalista iniziata negli anni settanta, un fenomeno partito dai paesi periferici o semiperiferici. L’esplosione dell’estremismo di destra nei centri del capitalismo è dunque un effetto dell’approfondirsi della crisi strutturale del capitalismo. La tesi era già stata accennata da Kurz ne Il collasso della modernizzazione (1991), dove spiegava che il collasso del socialismo di stato era solo l’inizio della crisi generale del sistema capitalista. Il tono polemico rimane: “si tocca il nervo scoperto della coscienza democratica” quando Kurz sostiene che il nuovo estremismo di destra è figlio legittimo della democrazia di mercato, non una sua escrescenza. È questa la ragione per cui “ogni democrazia produce, come reazione immanente alla fine del processo della modernizzazione, con regolarità logica, un nuovo estremismo di destra in una delle sue varianti” (ivi).

Nessuno dei vari gruppi e espressioni “neofasciste” è esente dai sintomi del fallimento del mercato mondiale che ha portato la produzione tecnologica al suo grado più elevato e che ora espelle gradualmente la forza lavoro, rafforzando le tensioni sociali, portando a galla risentimenti etnici e nazionali e portando in strada una guerra civile diffusa. Non possiamo aspettarci altro da individui che hanno interiorizzato le coercizioni della redditività capitalista, che sentono e vedono dappertutto la spinta alla competizione. Il cittadino aggrappato alla difesa democratica delle libertà economiche deve ora convivere con il suo fratello “neofascista” che vuole imporsi nello stesso ambito della competizione servendosi di tutte le armi a disposizione, comprese quelle da fuoco. La differenza tra queste orde di miliziani e mafiosi e il fascismo storico sta, secondo Kurz, nell’incapacità assoluta delle prime di attuare un progetto sociale e politico completo, visto che anche la democrazia di mercato ha fatto il suo tempo e l’individualizzazione ha raggiunto i suoi limiti. Il nuovo estremismo di destra non smette di mostrare la propria verità storica quando mostra bandiere monarchiche, fasce con simboli crociati o svastiche: la sua tendenza è regressiva e spiega che viviamo in una società senza futuro.

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